domenica 5 gennaio 2014

Battle Royale Vs Hunger Games : due facce della stessa medaglia?









Due punti fermi, per questo post.
Il primo: Hunger Games non trae semplicemente "spunto" da Battle Royale, questo perchè Hunger Games attinge a PIENE MANI da Battle Royale. Chiariamolo fin da subito, e sarà tutto più semplice, sia per me che per voi che leggete.
Il secondo: Hunger Games si troverebbe nella scomoda quanto imbarazzante posizione di Plagio a tutti gli effetti di ciò che contiene e trasmette Battle Royale, fortunatamente Suzanne Collins, l'autrice del romanzo, ha il merito di aver provato a dare un'identità propria alla storia di Katniss e compagnia bella, dopo la premessa così sfacciatamente copiata dal capolavoro giapponese.
Detto questo, proviamo a scendere un po'più nel dettaglio. Non mi soffermerò però sull'eterna diatriba su quale sia il migliore tra i due, se il film o il libro Hunger Games, lo stesso vale per Battle Royale, mi preme molto di più analizzare i contenuti di entrambi,anche perchè un giudizio sulle pellicole sarebbe impossibile, dato che finora sono usciti i film ispirati solamente alla prima e seconda parte di Hunger Games, il terzo vedrà la luce durante il 2014.
Il lungometraggio di Battle Royale vede tra i protagonisti Takeshi Kitano, e questo è assolutamente da segnalare.







Protagonista indiscussa di Hunger Games è Katniss Everdeen, una ragazza di umili natali che vive in uno dei distretti della Terra di Panem, insieme alla sorellina e la madre. Il padre morì anni prima, a causa di un incidente in miniera, lasciandole sole, e questo renderà più forte la ragazza, vero e proprio motore della propria famiglia a causa della caduta nell'apatia più profonda dell'unico genitore rimastole. I tredici distretti vivono nell'indigenza e nella paura, moltissimi decenni prima tentarono di ribellarsi al regime totalitario che li governava (il romanzo è ambientato in un futuro imprecisato, in America), finì malissimo per loro, annientati e costretti a sostenere una punizione durissima ogni anno: concedere due ragazzi, un maschio ed una femmina, alla mercè degli Hunger Games, un gioco mortale trasmesso in tv dove tutti i partecipanti dovranno uccidersi fra di loro, fino a che non ne rimarrà soltanto uno. Un monito per i posteri.
Katniss prenderà il posto della sorella minore Primrose, sfortunatamente estratta per partecipare all'edizione imminente, mostrando tutto il suo disperato coraggio e affetto nei suoi confronti, e da lì inizierà una storia obiettivamente coinvolgente, per lo spettatore giovane certamente, ma anche per coloro che hanno lasciato da un pezzo l'età da teenager.






Ora veniamo a Battle Royale.
Protagonista indiscusso di Battle Royale è Shuya, uno studente delle medie come tanti altri della sua età, non spicca per nessuna qualità in particolare, vive nella Repubblica Della Grande Asia, uno stato dittatoriale situato, e lo si capisce da vari riferimenti disseminati qua e là nel romanzo, proprio in Giappone. Ogni anno viene estratta a sorte una delle classi di terza media del Paese, i ragazzi all'oscuro di tutto vengono portati con l'inganno in quello che sarà il teatro del massacro, e nel romanzo l'edizione del Battle Royale di quell'anno si svolge su un'isola deserta. Le motivazioni che si celano dietro questo torneo mortale e terribile sono più sottili di quelle che tengono banco in un Hunger Games: si tratta di testare la forza d'animo dell'intero paese e la loro fede nella dottrina dittaroriale. Infatti viene fatto presente che l'intera Repubblica Della Grande Asia sta per scendere in guerra con il resto del Mondo (per loro, il vero nemico è l'America conquistatrice), e bisogna abituare i soldati del domani ad ogni evenienza. Al contrario dei Tributi della Collins, i ragazzi di Takami (autore del romanzo) sono quasi tutti fieri di essere scelti come partecipanti al Battle Royale, almeno fino all'edizione narrata nel libro, dove i protagonisti saranno loro stessi tragiche icone di una società da incubo che li ha portati fino a quel punto.
Anche qui, solamente uno potrà rimanere in vita.
Come dite? Le due storie sono vagamente simili? Beh io ve l'avevo preannunciato.
Battle Royale è del 1999, Hunger Games è stato pubblicato nel 2008, fatevi due conti.

SIMILITUDINI:

- Entrambi si svolgono prevalentemente in un luogo neutro, da dove non è possibile fuggire.
- Entrambi vengono ambientati in un futuro post-apocalittico imprecisato.
- Entrambi vedono come protagonisti due coppie di ragazzi, Katniss e Peeta da una parte, Shuya e Noriko dall'altra.
- Entrambi i "Giochi" sono monitorati da due personaggi negativi che hanno funzione di arbitri, giudici e carnefici. (più efficace il professore Kitano di Battle Royale, stereotipato lo Stratega del primo romanzo di Hunger Games)
- In entrambi i romanzi è presente una costante oppressione da parte di una società ormai inquadrata, ingabbiata dalla dittatura, ad un livello così profondo che le persone nemmeno se ne rendono più conto. Ho trovato molto più sconcertante la resa incondizionata delle famiglie di Battle Royale, piuttosto che il colorato mondo kitch di Capitol City in Hunger Games, a dire il vero.

DIFFERENZE:

- La differenza più sostanziale che è possibile notare immediatamente è la caratterizzazione dei personaggi. Katniss è impavida, psicologicamente potrebbe divenire grandiosa e simbolo di una rinascita sociale, il tutto sembra sempre sul punto di decollare ma poi qualcosa ne blocca il processo di crescita, credo si tratti di un'eccessiva voglia da parte dell'autrice di far immedesimare il pubblico, e il lettore, in lei, mettendo da parte i comprimari che a mio parere avrebbero potuto esaltarne invece la personalità ribelle e simbolica.
I 42 protagonisti di Battle Royale invece godono di una caratterizzazione esauriente anche se semplificata dallo stile asciutto con cui vengono descritti, ognuno di loro ha una propria personalità ma l'idea di coralità che avvolge l'atmosfera sull'isola del massacro aleggia in ogni pagina, in ogni sguardo impaurito delle ragazze nascoste dietro casupole abbandonate, dietro abbracci tremanti e sussurri notturni, speranzosi di poter vedere l'alba di un nuovo giorno.
- Amicizia, legami. Hunger Games demolisce ogni traccia di empatia fra i tributi del Gioco, fin dal primo momento in cui si incontrano nell'arena dell'addestramento, tutti loro si odiano a prescindere, non vi è mai, nemmeno per un momento (almeno all'inizio, poi in seguito qualcosa cambierà, per fortuna, ma non voglio spoilerare), un momento di esitazione, nessuno sembra chiedersi se sia giusto davvero togliere la vita di un coetaneo senza neppure un rimorso. Questo non vale ovviamente per Katniss e Peeta. Shuya e Noriko invece non cadono nel clichè della storia d'amore obbligata, è delicato il modo in cui Takami tratteggia il loro rapporto, quasi fraterno.
Inoltre i compagni di classe non si ammazzano senza arte nè parte, nei loro occhi, con le armi in mano, è possibile scorgere tutta la paura, tutto il terrore insito nella situazione che sono costretti a vivere. Spesso, soprattutto all'inizio, i ragazzi cercano di parlarsi, di provare a ragionare, trovare una soluzione che purtroppo non c'è.
- La fruizione dei Giochi. Voyeuristica l'interpretazione di Hunger Games, i Tributi sono costantemente monitorati, le loro uccisioni sono trasmesse in diretta sugli schermi televisivi degli abitanti di Capitol City, che esultano per il loro preferito come se fossero calciatori in una partita di calcio, con la sola differenza che non torneranno a casa quando il pubblico spegnerà il televisore dopo la puntata del loro reality show preferito. Addirittura, possono votare per loro, mandargli aiuti con l'equivalente fantascientifico del Televoto, ho trovato davvero magnifica la visione della Collins al riguardo, una critica evidente della nostra, di società, in cui riprendere un'aggressione con il telefonino senza intervenire in aiuto della vittima, ma con la prontezza dei polpastrelli nel mettere tutto in tempo reale su Youtube è diventato normale. Appagante e terribile.

Hunger Games vale la pena, in definitiva? Sì.
Battle Royale è un capolavoro? Sì.
Meglio l'uno o l'altro? Nonostante le mie doverose premesse, fortunatamente divergono in molti punti, e anche se coloro che avranno letto o visto i film di Hunger Games storceranno il naso al cospetto del più "vecchio" e meno spettacolare Battle Royale, io rimango dell'idea che le tematiche simili affrontate da entrambi siano state sviluppate meglio in Battle Royale. I due film di Hunger Games, usciti finora, hanno alle spalle una produzione ed un budget che la pellicola giapponese ai suoi tempi non aveva, e questo nel mondo del cinema fa spesso la differenza, che sia giusto oppure no.
Proprio perchè la Dittatura patinata ostentata da Hunger Games appare in fin dei conti più che altro una Parata, uno spettacolo di fucili e minacce che non vanno oltre, purtroppo, seppur l'idea, ripeto, sia molto interessante e intrigante.
Battle Royale offre l'incubo di una società totalitaria in un modo più sottile. Colui che si occupa, insieme all'esercito, di mettere al collo degli studenti il collare esplosivo che brillerà se tenteranno di lasciare l'isola non è il Presidente, e nemmeno un colonnello grigio e indurito dalla vita.
Bensì un supplente.
Un professore, praticamente, la figura di riferimento per ogni studente.
La scuola vista non più come preparazione alla vita, l'istruzione assente che distrugge il bene a favore del male, se preferite una distinzione più classica.



Esiste qualcosa di più terribile di una persona che dovrebbe essere un tuo modello di vita e che invece ti getta in pasto all'orrore?


martedì 26 novembre 2013

Coming Soon. Ed un piccolo omaggio

No, non mi sono dimenticato del mio blog, anche se tra un post e l'altro si potrebbero disputare le Olimpiadi, avete ragione.
Presto posterò qualcosa che ho in testa da molti mesi a questa parte, ma che preferisco redigere solamente dopo aver visionato un film in uscita in questi giorni, per poterlo rendere il più obiettivo possibile.
Nel momento in cui sto scrivendo, si sono da pochi giorni spenti gli echi di un cinquantenario molto sentito negli Stati Uniti, e che forse nel resto del mondo non è stato ricordato abbastanza, a mio parere.
Il 22 novembre del 1963, come tutti (o quasi) sapranno avvenne in quel di Dallas l'attentato del presidente John Fitzgerald Kennedy, sì esatto quello della Crisi di Cuba, ma non solo. Non sarò certo io ad infilarmi in un vespaio di dibattiti politici riguardanti il suo mandato, lungi da me, trovo però che sia giusto ricordare un uomo che ci ha provato. Ci ha provato sul serio. Ha commesso errori, come tutti.
Ma ha anche tentato di dare una svolta.
Per questo, tanto di cappello.


domenica 10 novembre 2013

Upside Down - Considerazioni personali (Piccola recensione)





Recentemente mi è capitato di vedere questo film comodamente a letto, tra coperte calde e accoglienti ed un senso di tranquillità carezzevole. Il che, considerata la trama portante del film in questione e le vicissitudini dei protagonisti, mi ha fatto sentire un po'in colpa nei loro confronti.
Adam ed Eden, i due ragazzi innamorati e divisi letteralmente da due mondi opposti (ora vi spiegherò meglio) sono interpretati da attori relativamente ancora molto giovani e talentuosi, per quanto riguarda la loro generazione, si tratta di Jim Sturgess e Kirsten Dunst per la cronaca (Sì, lei è la Mary Jane di Spider Man, quello di Sam Raimi, non il reboot ).
L'ambientazione è di sicuro impatto e molto suggestiva, vi sono due mondi sovrapposti,regolati da forza di gravità inverse che non permettono agli abitanti di quello superiore di poter vivere su quello inferiore, e viceversa. In barba a decenni di scoperte scientifiche e leggi della fisica accuratamente approvate da Stephen Hawkins, Isaac Newton e Margherita Hack (che se fosse viva sono sicuro avrebbe da ridire con enfasi anche su questo film, ci scommetto), il Mondo Di Sopra e il Mondo Di Sotto convivono più o meno pacificamente, anche se come da copione si tratta di stili di vita completamente agli antipodi: di sopra si sta da Dio, il sistema funziona a meraviglia, c'è lavoro per tutti (amo le opere di fantasia proprio per queste utopiche visioni) e la sera si va a ballare il tango con la coscienza pulita. Di sotto invece le cose non vanno proprio così, si respira un clima pesante, la povertà dilaga, le masse di indigenti sono costrette a lavorare duramente per estrarre i materiali che poi vengono trasferiti di sopra e garantiscono il benessere degli abitanti-gemelli. Adam vive di sotto, è un sognatore nato, Eden è la rampolla di buona famiglia del mondo superiore, inevitabilmente si conoscono quando sono bambini, tra sguardi lontanissimi (un cielo intero li separa) e sorrisi pieni di speranza, forse si innamorano da subito.
Il film è dotato di un ritmo blando, molto criticato dai cosiddetti esperti di cinema e addetti ai lavori, che forse, visto il cast e la trama pseudo-fantascientifica, si aspettavano un giocattolone roboante sulla falsariga di Trasformers, eppure.. Eppure la pellicola di Solanas a mio parere trova il suo punto di forza su una certa delicatezza nel tratteggiare questo amore dolce e un po'infantile che si instaura fra i due esponenti delle realtà opposte, la fotografia è accurata e affascinante, il tema fantascientifico e futuristico rimane sullo sfondo, fa da cornice alla storia che si dipana tra pochi colpi di scena, impregnata da una notevole intensità da parte del personaggio maschile interpretato da Sturgess, che vince alla grande il confronto con l'altra attrice protagonista, forse troppo algida e sonnolenta per la parte di Eden.
Insomma, Upside Down è un film da vedere se vi piacciono i temi "alla Bradbury", per intenderci, ma anche e soprattutto per poter rendersi conto che a volte, per poter raccontare una storia d'amore o di sentimenti credibili, non è necessario calare i protagonisti nella realtà quotidiana che viviamo noi stessi per suscitare il processo di immedesimazione tanto caro a coloro che si emozionano davanti allo schermo.
Non è un capolavoro, ma vale la pena dargli una possibilità, per l'originalità e l'idea che sta alla base, davvero intrigante.


venerdì 18 ottobre 2013

Grandi Manovre

Ottobre è un mese-scatolone.
Non passa giorno ormai in cui non mi ritrovi a riempire scatole e scatole di oggetti, vestiti, ricordi, pensieri, emozioni. Del resto, è così che vanno le cose quando prendi in mano la tua vita e decidi di saltare, di diventare grande.
Il bello di tutto questo è ovviamente il fatto che saltare da soli non sarebbe affatto divertente, anzi diciamo pure che sarebbe da pazzi masochisti. E allora ecco che entra in scena un'altra mano,da stringere forte, guardare negli occhi la persona che ti sta accanto in bilico tra cielo e terra ( in questo caso direi Oceano, un mare spaventoso ma allo stesso tempo bellissimo) e poi spiccare il volo, insieme, sperando che il salvagente attorno alla vita e soprattutto la capacità di nuotare insieme possano fare la differenza.
Mi viene in mente la canzone di Ligabue, "ho messo via", e anche in quel pezzo se ricordo bene il cantautore romagnolo parlava di scatoloni riempiti con pezzi di vita che non possono essere messi via così facilmente, quando è in atto un cambiamento. Mi guardo intorno, vedo tutti i miei libri, quelli letti da bambino e gli altri, grazie ai quali ho imparato ad essere nottambulo, perchè certe storie, quando mancano diciannove pagine alla parola fine, non puoi certo interromperle sul più bello e aspettare domattina. Proprio no.
Volto la testa, e mi ritrovo al cospetto del mio pc. Uno di quelli fissi, che ormai sono passati di moda, scavalcati da quei maledettissimi chihuahua chiamati tablet, pieni zeppi di App ( MAI dire Applicazioni davanti a qualche sedicente esperto di informatica, sarai etichettato come antiquato senza appello che tenga) ma che a mio parere non hanno nemmeno una stilla del fascino vintage di un Pentium 133 Hertz. Certo, e questo lo dico sottovoce nascondendomi sotto il letto, non posso negare che siano comodi, portarsi Internet ovunque, sul pullman o al pub, se non al cinema, è indubbiamente un vantaggio innegabile.. Del resto, perchè godere di un buon film dall'inizio alla fine quando puoi controllare ogni diciannove secondi le Ultime su WhatsApp???
Va bene lo ammetto, questa era una frecciatina nei confronti di quell'orribile persona che avevo seduta accanto l'ultima volta che sono andato al cinema a vedere un film horror, ovvero The Conjuring- L'evocazione (Guardatelo, è farina del sacco di James Van, il tipetto che ci ha regalato Saw).
Insomma, che diavolo ti porti a fare il tablet al cinema?!E soprattutto perchè devi illuminarmi a giorno mentre cerco di rilassarmi guardando un film?!Ok la smetto, torniamo agli scatoloni, che è meglio.
Saluto il mio computer dandogli una pacchetta sul monitor, perchè non me lo porterò con me, rimarrà al suo posto, un guardiano silenzioso che preserverà la mia stanza durante l'assenza.
Altri scatoloni, altri vestiti da metterci dentro. Pantaloni, magliette, felponi che mi hanno riscaldato durante i freddi inverni in cui me ne andavo in giro per la città scorrazzando sul mio scooter ormai passato a miglior vita, scarpe comode, scarpe meno comode, mutande, boxer. Chiuso.Sigillato.
Un altro scatolone, capiente. Qui dentro ci metto il ricordo agrodolce di un musical a cui ho partecipato durante gli anni del centro estivo (nessuno sarà mai di nuovo un John Travolta come me, in Grease, non certo con i miei passi inventati di sana pianta a fine coreografia), amici perduti durante la strada, altri ritrovati anche se saltuariamente, la prima volta che ho viaggiato da solo in treno per recarmi ad una mostra, la prima medaglia che ho vinto durante una competizione d'atletica, gli anni divertenti delle medie, quelli intensissimi e caotici delle superiori.Chiuso. Sigillato.
Ne riempirò altri, prima di andare via. Non è così triste come dicono riempire gli scatoloni, fa parte della vita, si dice così giusto? Basta indossare le scarpe adatte. E non smettere mai di camminare.


venerdì 4 ottobre 2013

Intermezzo numero 1: anticipazioni, considerazioni e appunti mentali sul romanzo (ebbene sì)

Piccola premessa.
In questo post saranno inserite immagini disturbanti trovate qua e là in giro per la Rete, quindi se appartenete alla categoria "Oh mio Dio dev'essere matto questo qui per mettere su un blog queste, queste, oh my gosh, queste orribili immagini, avrebbe bisogno di aiuto, è disturbato" siete pregati di non proseguire.
Perchè il romanzo, indipendentemente dal fatto che possa uscirmi bene o una schifezza su tutta la linea, tratterà tematiche non solo delicatissime, ma soprattutto da un punto di vista che forse nessuno ha mai VERAMENTE preso in considerazione.
Mi trovo ancora in una fase di gestazione, protagonisti e situazioni sono in divenire, ma le basi ci sono e presto saranno le atmosfere su carta a stabilire quanto io stia imboccando la strada giusta.
Ovviamente le immagini che inserisco qui sotto non sono farina del mio sacco, io e photoshop non ci siamo mai parlati, ma credo che rappresentino una gustosa anticipazione di ciò che potrete trovare all'interno delle pagine che con così tanta fatica e impegno sto riempiendo d'inchiostro..
E'tutto metaforico, in realtà su carta non scrive più nemmeno Umberto Eco, per intenderci, ma sono sicuro di aver reso l'idea.

Considerate questo post come una specie di BookTrailer..anzi BlogTrailer.

-Ecco...tu mi hai creato..e ora rideremo insieme...non ti piace più questo gioco,vero...?-


Scrivere non è mai un gioco, soprattutto se ami farlo e sei un perfezionista come il sottoscritto. Si tratta di estrarre dal cilindro personaggi ed eventi che senti dentro, e di questo sono convinto, ma sono assolutamente sicuro che questo non debba per forza coincidere con il tuo vissuto.
Smetti di guardare troppo dentro te stesso, sarà allora che inizierai a vederti per davvero.
Lo so fa tanto Zen, ma chissà perchè sono sicuro di non aver scritto una cazzata, qui sopra.


-..................-

Questa foto è tratta dal film "I figli del Grano", pellicola ispirata ad un noto romanzo, o racconto (non ricordo, shame on me!!!) di Stephen King, che mi piacque molto. Per qualche strana ragione, o connessione con il Re (seee, ti piacerebbe, John Doe!), ho scoperto che uno dei personaggi che appariranno a breve nel romanzo assomiglia fisicamente molto a questa dolce bambina del film.


-Acqua... Acqua....Fuochino..Fuoco..Mi hai trovata..Ed è solo l'inizio...Noi siamo in tanti, qui per Te.





Se credete di aver capito tutto riguardo la trama del romanzo..
Se credete che si tratti della solita storia di paura con una bambina demoniaca..
Se credete che io vi abbia fatto già capire tutto, e non vi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello che invece io sia un grandissimo essere senziente dispettoso e in realtà abbia voluto sviarvi in gran parte se non del tutto...

Allora restate sintonizzati da queste parti, non vi costa nulla, e poi l'Inverno Sta Arrivando... (non c'entra nulla ma come potevo resistere?Tutti Citano Martin prima o poi.)
Voglio rassicurarvi. NON ci saranno bambine indemoniate.
Ma qualcosa di molto più terribile.
Credo molto in questo progetto, grazie per il vostro supporto, fin da adesso.

A presto,
vostro Adorato John Doe
















lunedì 16 settembre 2013

La vita, l'orrore, l'amore e tutto il resto...Io e Dylan

Il primo Dylan Dog della mia vita. Il numero 86, se non ricordo male, conservato come una reliquia dentro una bustina intoccabile insieme agli altri. La prima volta non si scorda mai.






Come tutte, o quasi, le storie migliori, quella fra me e Dylan iniziò per caso, in un pomeriggio come tanti altri.
Era il 1991, se non sbaglio, vado a memoria senza l'ausilio dei fumetti, ho deciso di scrivere questo post affidandomi solamente ai miei ricordi, quindi perdonate eventuali errori o discrepanze, right?
Dicevo.. correva l'anno Millenovecentonovantuno, ero un bambino sognatore, a cui piaceva giocare con i Masters ( He-man, Skeletor e la loro faida su Eternia mi toccava profondamente) e leggeva ogni settimana il Topolino. Poi, quel giorno, decisi di entrare in edicola, come sempre, comprare il settimanale di Mickey Mouse e compagnia bella, come sempre. Successe qualcosa, però, che ancora fatico a spiegarmi. Vi starete chiedendo come sia possibile che un ragazzino di dieci anni scelga di acquistare un fumetto con una copertina simile, la verità è che non so spiegarlo nemmeno io. Sono sempre stato predisposto alla letteratura "di genere", e l'horror mi ha affascinato terribilmente soprattutto nei primi anni dell'adolescenza. Edgar Allan Poe, Howard Philips Lovecraft, Richard Matheson per citarne alcuni. King  segnò la svolta, ma avvenne qualche anno dopo,e questa è un'altra storia.
Morale della favola: comprai quell'albo dalla copertina terrificante, vi si vedeva Dylan in balia di un demone pronto a tagliarlo a fettine, e se siete rimasti ancora qualche riga più in su, a tentare di fare psicologia spicciola sulla mia passione per l'horror fin da piccolo, con tanto di elucubrazioni deliranti sul fatto che abbia avuto un' infanzia infelice o chissà quale altra baggianata, allora chiudete subito questo blog, perchè non fa per voi.
Tornai a casa, mi posizionai in giardino, perchè a quell'epoca vivevo in una ridente villetta in campagna, lontano dal trambusto della città e mooolto distante dai miei amici lasciati indietro dopo il trasferimento, quindi mi rifugiai in questo nuovo fumetto.
Era molto diverso da Topolino. Non ci misi molto a capirlo.
Rimasi ammaliato dalla storia, dalla profondità del personaggio e dalle atmosfere cupe, smorzate da un romanticismo forse troppo maturo per la mia età, molti aspetti e livelli delle storie di Dylan li capii negli anni successivi, ma la passione per qualcosa che ti entra dentro è virale, cresce cresce cresce e diventa parte di te.
Dylan mi entrò nel cuore, insieme alla sua esclamazione famosissima, quel Giuda Ballerino che avrebbe fatto scuola, le sue donne, amate con tutto se stesso nonostante non siano quasi mai durate più di un albo (no non è italiano, è inglese il nostro bel tenebroso), il suo assistente Groucho, degna spalla in grado di rendere più leggera, con le sue battute agghiaccianti e le gag quasi teatrali, l'atmosfera paurosa che permea le pagine di questo fumetto.
Dylan Dog parla di tante cose, fermarsi all'aspetto sanguinolento e orrorifico delle sue storie significa non capire un bel niente, sarebbe come giudicare poco di buono una bella donna solamente perchè indossa i tacchi alti, per intenderci. Insomma, sarebbe proprio da stupidi e ignoranti, e il fatto che negli anni l'abbiano fatto giornalisti e critici molto più qualificati di me, umile Signor Nessuno della rete, la dice lunga.
Perchè Dylan parla d'amore, molto spesso. Amori sbagliati, amori inconsueti, amori tra uomo e donna, tra uomo e uomo, tra donna e donna, tra umani e mostri, tra mostri e mostri, e potrei continuare ancora per venti righe, credetemi. Dylan parla della vita, che non sempre è come la desideriamo, ma nonostante tutto la viviamo e l'affrontiamo, spesso la malediciamo perchè cerca di fotterci, è vero, ma è proprio questo a fortificarci. Dylan non arriva mai all'ultima pagina della storia senza aver sofferto, amato, lottato, pianto, riso. Dylan è un uomo come noi, questo lo rende grandiosamente vero, ogni volta che impugna la sua pistola, una scassatissima Bodeo recuperata in una grotta quando non aveva nemmeno vent'anni, ci pensa sempre due volte prima di sparare, solitamente per legittima difesa, perchè ama la vita, e la rispetta.
Vi consiglio di leggerlo, e nel caso vorrete farlo, vi elenco qualche titolo, tra quelle che sono le mie storie preferite. "Sciarada", "Armageddon", "Il cervello di Killex", "Il lungo addio" (questo albo merita un post a parte, di prossima pubblicazione), "Il seme della follia" (un capolavoro ASSOLUTO firmato Paola Barbato) e "Johnny Freak", che è l'albo perfetto se state cercando una storia pronta a commuovermi, vi sfido a non piangere dopo aver letto l'ultima pagina.

Concludo ringraziandoti, Dylan, e che tu possa vivere ancora molto a lungo, a dispetto delle freddure di Groucho, delle delusioni amorose che ti porti dietro come cicatrici che sanno di labbra scarlatte sulla pelle, e di tutti quegli zombi, fantasmi, vampiri, licantropi, banshee, fate, streghe, demoni, serial killers, ghoul, goblin e creature di ogni genere che ogni mese provano a farti la festa. Resisti Dylan. Resisti anche tu, come noi.

sabato 31 agosto 2013

Questione di Ispirazione

Non c'è niente di più velenoso per uno scrittore, o aspirante tale, di una pagina bianca.
Quando ero più piccolo, e le mie ginocchia sbucciate costituivano il pane quotidiano per mia madre e il balsamo-panacea chiamato MercuroCromo (ve lo ricordate?), sbuffavo sempre davanti al foglio bianco del
quaderno. Più che altro perchè non avevo ancora sviluppato la passione per la scrittura e l'unica fantasia al potere nella mia testa suggeriva piani di evasione dall'aula durante le ore di matematica, con la complicità mai venuta meno dei miei compagni di classe. Eravamo una squadra, ben oliata al novantanove per cento.
Un ingranaggio solo non funzionava a dovere. Io.
Non ero tagliato per marinare la scuola, ammettiamolo, c'erano fuoriclasse molto più in gamba di me e non avevo certo intenzione di scalzarli dal loro trono. Così iniziai ad amare la pagina bianca, a vederla per quello che era davvero.
Una pagina bianca.
Un MILIONE di possibilità.
Con il passare degli anni, io e la pagina bianca siamo diventati buoni amici. Certo, non le avrei mai affidato i miei sogni e le speranze, non possedevamo quell'intimità sensuale che si instaura tra confidenti, fra ragazzo e diario segreto con tanto di lucchetto dorato, però..
Però...
Andavamo d'accordo. Io le dicevo come far scendere in cantina i miei piccoli amici della Banda Dei Lacci Blu, e lei in cambio si faceva tatuare dalla mia penna. Io le parlavo dei demoni e i mostri che avrei voluto scatenare sul mondo fittizio di un racconto più valido allora di come lo avrei pensato poi qualche anno fa, e lei, magnifica tentatrice, mi ricompensava con volute d'inchiostro che iniziavano a darmi... conforto.
Conforto e speranza.
Perchè, come ho scoperto crescendo, puoi nascere con un talento, e lasciarlo sfiorire. Puoi nascere con un talento e coltivarlo come faceva Miyagi con i suoi bonsai (Karate Kid, mai sentito nominare? Blasfemi.)
Oppure puoi nascere senza sapere con certezza se quel talento è insito nella tua natura di uomo, e allora diviene tutto una scommessa. Perchè devi darti da fare, rimboccarti le maniche e ingranare la quarta.
Questa è quella che preferisco. Io non so dirvi a quale categoria appartengo, ma di una cosa sono certo.
La macchina è accesa, il motore romba che è un piacere, il posto del passeggero davanti è scaldato da chi di dovere, ma c'è ancora spazio dietro, salite se vi va. Io parto. Vedremo come andrà a finire, in ogni caso sarà un viaggio interessante, di questo sono sicuro.

P.s. Un giorno vi parlerò della Banda Dei Lacci Blu. Quei piccoli scalmanati vogliono tornare, e io non ho intenzione di tenerli segregati nella mia testa ancora per molto. Simone è una ragazza peperina, e graffia, non bisogna mai contraddirla. La conoscerete. Ve lo prometto. Sulla Gallina.